CARMEN DI G.BIZET- TORINO recensione

(Alessandra Giorda-Torino) Un vero successo di pubblico dove i posti a sedere liberi forse si potevano contare sulle dita di una mano, per la Carmen di G. Bizet con adattamento e testi di Sebastian F. Schwarz, direttore artistico del Teatro Regio di Torino, per la seconda opera in cartellone di Regio Opera Festival.
Certamente una Carmen molto discussa per non essere nella versione integrale, ma per essere messe in scena le più belle pagine del capolavoro di Bizet. L'accorpamento del I e II atto e del III e IV con la soppressione di alcuni dialoghi parlati e momenti musicali si sono resi necessari. Molto bello il racconto della genesi e della vicenda dell'opera snocciolata in maniera magistrale dall'attore Yuri D'Agostino dove non mancano momenti d'intensa empatia con il pubblico. Molto gradito l'accento posato su pillole che non tutti conoscono, come la morte del compositore a soli 36 anni alla 33esima recita di Carmen e che tale opera, con la Bohème di G. Puccini e Il flauto magico di W.A.Mozart, è tra le più rappresentate al mondo. Bizet stesso scrisse le parole della celebre habanera L'amour est un oiseau rebelle. Peccato che il compositore in vita non abbia potuto assaporare il grande successo della sua creazione che passerà alla storia, lasciando un segno indelebile nell'opera lirica.
Una scelta quella di Schwarz, coraggiosa soprattutto a Torino, ma che ha radici profonde e che modestamente condivido pienamente, quando si hanno molteplici responsabilità tra le quali quella a doppio raggio, ossia riempire il teatro e divulgare l'opera lirica ai più raggiungendo con un linguaggio differente i giovanissimi e tutti coloro che pensano all'opera lirica come ad un genere per intelletual chic e âgé .
Purtroppo moltissime persone in Italia, anche tra manager e gente di cultura, quando si parla di opera lirica, oltre a nulla sapere, la escludono direttamente come genere culturale e di divertimento. Senza contare la grande maggioranza di quelli che vanno all'opera perché è cool, ma manco sanno cosa stanno andando a vedere. Per poi non pensare a chi si aspetta di vedere in teatro il compositore ( Verdi, Bizet, Puccini ecc.) perché vi assicuro che ci sono anche questi.

Un'Italia da ricostruire culturalmente? Decisamente si! Si annovera che l'opera lirica nasce come genere popolare e poi nel corso degli anni sempre più si è addentrata in una nicchia esclusiva. L'idea di Sebastian F. Schwarz è encomiabile proprio per sfatare questo luogo comune. La Carmen messa in scena nello splendido cortile di Palazzo Arsenale non sarà nella versione integrale, ma è un primo approccio, di gran lusso, all'opera che incuriosisce lo spettatore per portarlo al passo successivo di desiderare di vedere la medesima opera in versione integrale. Per chi già del genere è avvezzo viene offerta una chiave di lettura diversa dalla consueta offrendo spunti di riflessione.
Se poi vogliamo essere un po' terra a terra c'è sempre quel detto: "che se parli bene, che se ne parli male, basta che se ne parli" che, seppur non condivido pienamente, ha il potere gettare l'attenzione sull'oggetto discusso.
Come tutti i grandi capolavori non hanno tempo, sono degli ever green ed anche la Carmen di Bizet ben si contestualizza nell'attuale momento storico.
Chi è Carmen? Una donna libera, una donna come tante di noi oggi libere di scegliere, che per quel periodo precorre i tempi. Tra i temi trattati anche il femminicidio infatti nel finale Don José, accecato dall'ira, uccide Carmen con una pugnalata.
Dopo l'ouverture dell'opera la
vicenda prende il via nella vecchia casa del compositore a Bougival, per una Carmen ambientata nel 1920. Si rammenta che la prima rappresentazione vede la luce il 3 marzo del 1875.
Ketevan Kemoklidze, mezzosoprano, nel
ruolo che dà il titolo all'opera, vocalmente non così apprezzabile. Sotto il profilo
attoriale sarebbe piaciuta maggiormente con una buona dose di sensualità in
più.
Benedetta Torre, soprano, è una piacevole Micaëla che cesella bene il suo personaggio in tutte le sfaccettature, anche se presenta qualche difficoltà vocale, s'impone bene nel cast subito dopo Jean-François Borras, alias Don José, che è stato bravissimo sotto tutti i punti di vista. Complimenti!
Escamillo è Zoltán Nagy, baritono, che ha svolto una recita senza lode e senza infamia rendendo il personaggio pressochè anonimo.
Sul podio la prestigiosa bacchetta di Sesto Quatrini e si spendono con piacere i consueti elogi per l'Orchestra ed Coro del Regio, quest'ultimo istruito da un eccellente Andrea Secchi,
La regia è firmata da Paolo Vettori, le scene da Claudia Boasso che seppur molto essenziali sono pregevoli ed a tratti d'impatto. I costumi sono opera di Laura Viglione.
La recensione è della recita del 21/06/2022