COMMENTO SULLA TURANDOT AL REGIO DI TORINO

(Alessandra Giorda) Tra il periodo della Pandemia, il passato commissariamento e varie problematiche avute il Teatro Regio di Torino continua un iter non facile, ma che vede al timone una persona dotata di ingredienti quali: competenza, affidabilità, intelligenza, autorevolezza e talento che corrisponde al nome di Sebastian S. Schwarz, direttore artistico. In lui si ripone il massimo della fiducia e si spera gli venga data la possibilità di mettere in luce tutte le capacità per svolgere un gran bel lavoro come ha dimostrato di saper fare in altri teatri. Idee brillanti, atte a svecchiare e dare una ventata di freschezza con un pizzico di anticonformismo unite alle qualità sopra citate, possono portare il teatro d'opera della prima Capitale d'Italia a risplendere di quella luce che lo ha reso da sempre una vera eccellenza in Italia e nel mondo.
Il Teatro Regio ripropone l'opera Turandot di G. Puccini con l'allestimento straordinario di Stefano Poda che ne firma regia, scene, costumi, coreografia e luci già messo in scena, con grande successo, nel 2018 e che ha nuovamente catalizzato e raggiunto un ottimo consenso da parte del pubblico. In realtà Stefano Poda è stato la vera Star della serata.
Ha sviluppato una lettura psicologica di Turandot e degli altri personaggi dichiarata più volte nelle interviste e anche ai nostri microfoni.
La fanno da padrona la notte ed il giorno, la realtà ed il sogno, il mondo esteriore e quello interiore, questi i temi che si snocciolano durante lo spettacolo per portare lo spettatore a riflettere prendendo spunti nel viaggio verso l'inconscio.
Turandot non esiste, ma in realtà vive in ogni donna presente sul palcoscenico e vive nella mente di Calaf che la vede ovunque, infatti le maschere dicono: Turandot non esiste, non esiste!
Calaf nella chiave psicologica ha una parte di Turandot, dell'imperatore e di Liù. Deve superare degli ostacoli come tutti nella vita e la barriera del dolore per crescere.
In Turandot abita il conflitto, la freddezza, l'incapacità o meglio la paura ad amare e come ha dichiarato Poda, la donna che dà il titolo all'opera pucciniana: uccide l'amore, uccide la speranza, uccide il rapporto tra padre e figlio( Tra Calaf e Timur) ed anche il rapporto tra madre e figli e prosegue sostenendo che: Liù uccidendosi dona la vita a Turandot, il suo contatto sano con la vita e la maternità...
L'opera è nella versione originale incompiuta del 1926, così come la eseguì alla prima alla Scala Arturo Toscanini, non a causa della morte dell'autore, bensì per l'incapacità o l'impossibilità da parte del M° Puccini di risolvere il nodo cruciale del dramma, poichè anche i librettisti non gli proposero nulla che potesse soddisfarlo. E' l'opera più ambiziosa, maestosa e solenne che Puccini abbia mai scritto.
Sul podio Jordi Bernàcer che dirige una sempre encomiabile Orchestra del Teatro Regio. Plausi si spendono per Coro del Teatro Regio e per il M° Andrea Secchi che ogni volta conferma la sua grande competenza nel lavoro che svolge. Non si possono non spendere parole di lode per il M° Claudio Fenoglio per aver istruito il Coro di voci bianche in maniera impeccabile.
Per il debutto di ruolo Ingela Brimberg porta in scena una grintosa, tagliente e pungente Turandot. Il soprano svedese si è perfettamente calata nel ruolo con ottime doti attoriali, ma non sempre pregevole dal punto di vista vocale.
Giuliana Gianfaldoni debutta il ruolo di Liù ed è abile nel mettere in luce straordinari filati che la contraddistinguono che però non bastano, poichè la sua voce ha difficoltà ad espandersi. Sulle note di Signore, ascolta! in sala si fa fatica a sentire la voce. Si riprende nel terzo atto, seppur con le difficoltà sopra citate, e sulle note di Tu, che di gel sei cinta appare senza ombra di dubbio meglio che nella romanza del primo atto (Signore,asolta!)
Mikheil Sheshaberidze è un Calaf vocalmente senza lode e senza infamia. Il tenore georgiano non procura negli spettatori alcuna emozione e si evince soprattutto nella più celebre romanza della storia della musica: "Nessun dorma", tanto che al termine del Vincerò nessun applauso da parte del pubblico come normalmente invece accade.
Michele Pertusi, spicca in questo cast e la sua recita è stata assai apprezzata portando in scena un Timur lodevole anche dal punto di vista scenico.
Simone Del Savio, Manuel Pierattelli e Alessandro Lanzi danno vita a pregevoli Ping, Pang, Pong che si sono distinti anche per una bella presenza scenica. Veramente bravi! Hanno un ruolo fondamentale nell'equilibrio del dramma.
Di gran pregio il Mandarino di Adolfo Corrado così come Nicola Pamio nel ruolo dell'imperatore Altoum.
A completare il cast Sabino Gaita ne Il principe di Persia, Pierina Trivero è la prima ancella, Manuela Giacomini è seconda ancella e Nicoletta Cabassi è la bravissima danzatrice Pu-Tin-Pao.
Proseguono le recite il 26/28/30 aprile e 3/5 maggio.
(Recensione del 22/04/2022

